La selezione dei dipinti di Dino La Bianca per la mostra con cui Viareggio saluta il ritorno d'un suo pittore a lungo transfuga, attesta un dato a mio avviso centrale, da sottolineare in quanto possibile e probante chiave di lettura dell'opera recente di questo autore che alla pittura da cavalletto alterna, per ragioni professionali, la ricerca visiva funzionale alla scenografia, che è poi un contesto operativo in parte parallelo, ma nutrito di accorgimenti tecnico-formalizzatori e pertinenze linguistiche di diversa qualificazione. Consiste, tale dato, nel disteso, anzi estroverso senso di colloquità che promana dalle immagini allineate nelle sale di Palazzo delle Muse, Come d'una pittura che abbia infranto gli schermi psicologici e simbolici, si sia liberata dall'intrigo dei rimandi e delle implicazioni concettuali per rivelarsi serena all' appercezione e, aggiungerei, al godimento anche purovisivo del suo corredo formale. Non si tratta, beninteso, d'un depotenziamento semantico nè d'una vocazione a risolversi in partitura meramente decorativa, che è una valenza pur coltivata in epoca post-moderna, e indirettamente suffragata dal bel libro "il senso dell'ordine" di Gombrich da non molto tempo divulgato. Per quanto La Bianca avverta il fascino del dècor, e lo comprenda nelle sue accezioni di sontuosità e suggestione estetica, da evocare talora modelli matissiani, è egualmente distante dalla logica del pattern quanto dalle poetiche della voluttà.

Molto più semplicemente direi che la pittura esprima qui prioritamente la naturalità del proprio manifestarsi, ovvero del rlconoscersi nell'atto operativo che si esplica per segni, colori, strutture visive la cui ragion d'essere è interna al processo.

Quindi la spontaneità del manifestare, nel luogo iconograneo, una tangenza figurale, un' ipotesi di realtà percorribile che non Ingeneri equivoci mlmetlel, anzi dichiari esplicitamente la propria natura di simulacro. Nell' apparente disimpegno di tale proponimento lapalissiano c'è, in ordine alla contingenza artistica, una pertinenza e un'onestà più apprezzabili di quanto non esprimano analoghe esperienze, pur esse richiamatesi al principio della legittimità della pittura quale momento creativo specifico e autonomo nel sistema globale della cultura, ma che necessitano di alibi più o meno credibili, quali la rivisltazione citazionlsta della storia dell'arte, l'anacronismo venato di malinconia o trasgressione Ironica, il neo-prlmltivlsmo aurorale, le molte esperienze, Insomma, di riappropriazione del mezzo scaturisce dalla crisi delle neo-avanguardie precipuamente concettuali. Corrisponde comunque a un'attuale e diffusa tendenza l'esercizio di La Bianca su forme espressive nell'insieme in linea con una figuralltà canonica, storicamente omologata, queste rlfondazionl di un'operatività sull'immagine che non aspira ad altro che a documentare se stessa In quanto fenomeno d'Invenzione di forme e combinazione di strutture spaziali, e che liberamente divaga sull' area di discrimlne tra l'esibizione del gesto e l'organizzazione d'un contesto deputato alla rappresentazione, egualmente appagata dalla soluzione brillante delle pezzature cromatiche In chiave quasi di impianto visivo o di vetrata, come della sintetica delimitazlone d'un ambiente naturale o urbano in cui non sarebbe disagevole situare una storia, ovvero collocare personaggi rivelatori di situazioni comunemente esperite, se non addirittura affidare ruoli emblematlci agli alberi solitari che compaiono spesso nelle composizioni di La Bianca.

Per tale duplicità d'intendimento e uso dell' Immagine, direi che La Bianca appalesi le proprietà tipiche dello scenografo che non sia un mero tecnico, ovvero non intenda l'apporto visivo in termini di effetti strumentali alla finzione teatrale. Certo sono molli i segnali tecnici e formali leggibili In tal senso. Ad esempio, colpisce In questi dipinti la liquidità del colore distribuito vuoi con pennellate larghe e fluenti vuoi con dlssolvenze del nebulizzatore, ciò che consente un' esecuzione rapida e di notevole efficacia suggestiva (ma non mancano, nell'economia dell'opera, sonore insorgenze di timbri acuti e Intensi). Analogamente perviene a una puntuale e fulminea definizione della forma il segno netto e marcato che crea l'impalcatura composltlva, raccorda I brani cromatlcl, sottolinea una particolare situazione della materia o una luce enigmatica. La corsività del dettato pittorico potrebbe insomma deporre per la transltivltà degli ambiti operativi proficuamente praticati dal nostro artista.

Ma ciò si avanza con intendimenti non certo riduttlvi e senza presunzione di esclusività interpretativa. Sarebbe dlfatti altrettanto congruo il discorso che si fondasse sulla corrispondenza tra la dinamicità del gesto, la scioltezza della materia e una concezione della pittura come trascrizione Immediata di sensazioni, elaborazione a caldo di pulsloni emotive e suggestioni visuali, magari sollecitate da una macchia, se non da un tracciato lineare o una complesslone particolarmente evocati va della materia stesa a preparazione del fondo.

Certo è che l'opera di La Bianca possiede un che di Ilberatorlo e di serenante che ne qualifica la presenza nella nostra vita quotidiana e ci prospetta una realtà godibile, non già In termini di evasione o consolatori, ma di piacere attivo della percezione della fruizione estetica. Il che è infine un valore da salvare tra I molti che abbiamo sacrificato sull'altare d'un pragmatismo e d'un funzionalismo non sempre al servizio dell'uomo e delle sue necessità spirituali.

 

- Nicola Miciell , 1985